Author Topic: FIAT Abarth Formula Italia by Roberto Motta - PART 1  (Read 20556 times)

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FIAT Abarth Formula Italia by Roberto Motta - PART 1
« on: August 29, 2005, 06:19:58 pm »
ABARTH SE 025

Nome in codice: Formula Italia
Segni Particolari: Fucina di campioni

Testo di Roberto Motta
Foto di: Roberto Motta, Archivio Automobile Club Milano, Archivio Storico FIAT ed Archivio CSAI.


Sperimentata, costruita ed elaborata dall’Abarth, la Formula Italia, è la prima monoposto, che si fregia del marchio dello Scorpione, dopo l’assorbimento della Società da parte del Gruppo Fiat, ed è da annoverarsi tra le poche vetture protagoniste della storia dell’automobile in grado di formare un’intera generazione di campioni. Ancora oggi, ad oltre trenta anni dalla sua presentazione, non ha ancora trovato una degna erede in nessun’altra Formula addestrativa.

Tested, built and elaborated from the abarth, the Formula Italy, is the first monoposto, that itself frieze of the brand of the Scorpion, after the assorbimento of the Society aside of the Group Fiat, and is from itself between the little cars protagonists of the story of the self-propelled one in a position of to form a whole generation of champions.  Still today, to beyond thirty years from its presentation, not still it found a worthy heir in do not any other Formula addestrativa.  


Nel corso di questa assolata e calda primavera, come ogni anno, ho partecipato da attento spettatore ad uno degli appuntamenti che reputo tra i più belli del mondo motoristico italiano, la Coppa Intereuropa. Così, girovagando tra i box e la cittadella di quel tempio della velocità, che è l’autodromo di Monza, mi sono soffermato ad ammirare e a fotografare, alcune delle vetture più belle che non siano mai state costruite. Tuttavia, a dispetto delle magnifiche Ferrari e Porsche presenti, la vettura che più mi ha attratto è sicuramente meno nobile di una P4 o di una RSR, ma certamente più vicina ai miei ricordi di aspirante pilota: una splendida Formula Italia. Non rivedevo uno di questi gioielli da moltissimi anni, e quando ho intravisto la sua sagoma, non ho potuto fare a meno di accelerare il passo e dirigermi verso di ‘lei’. Era così bella, impreziosita dalla livrea tricolore, la stessa con cui fu presentata al Salone dell’Auto di Torino nell’ottobre del ’71. Per un attimo mi sono estraniato con la mente dal vociare delle persone presenti, e mi sono rivisto di quasi venti anni più giovane, notevolmente più magro ed atletico, vestito con la mia tuta Sparco, ed interamente fagocitato dall’abitacolo di una di queste monoposto, contraddistinta dal numero 7 sul musetto. Ero così attento ad assimilare ogni parola pronunciata dal ‘professor’ Henry Morrogh, che il mondo era lontano da me anni luce, stavo per realizzare il mio sogno più bello; accendere il motore di una vera vettura da corsa, e quindi buttarmi in pista per conoscere il mondo delle monoposto. Risvegliatomi da questo torpore, e preso da un attacco di ‘fotografite’, ho incominciato a scattare un’infinità di foto, e naturalmente il passo successivo è stato quello di prendere contatto il proprietario della vettura e metterlo ‘sotto torchio’ per acquisire qualsiasi informazione relativa alla piccola monoposto. La Formula Italia in discussione, è di proprietà di Fabio Gementi, attivissimo coordinatore del Club Nostalgia, nonché esperto restauratore di vetture Abarth, ed era quindi per me un’occasione unica per chiarirmi ogni dubbio relativo alla Formula Italia. Nel corso di una lunga chiacchierata, abbiamo ripercorso insieme la storia di questa magnifica vettura addestrativa che tanto a dato all’automobilismo italiano



Le sue origini risalgono agli inizi degli anni ’70, un periodo in cui il nostro Paese stava attraversando momenti difficili e di scontri tra le classi sociali. Infatti, se gli anni ’60 cambiarono profondamente l’Italia, grazie ad un significativo incremento economico, che aveva creato più ampie richieste anche sul mercato dell’automobile, l’inizio degli anni ’70 si presentava come un periodo di scontri sindacali che avevano portato, ad una serie interminabile di astensioni del lavoro. Le ore di astensione dal lavoro erano così tante che la Fiat, alla fine del ’69, aveva denunciato di aver perso, a causa di agitazioni sindacali, ben 9 milioni di ore lavorative, che all’epoca corrispondevano alla mancata costruzione di 174mila vetture. Mentre, nel ‘70, la situazione era ulteriormente precipitata, e aveva portato ad altri 1200 scioperi.
Naturalmente, in questi anni cominciarono a gravare sull’industria forti aumenti nel costo generale della produzione, ed in un clima di grande incertezza collettiva, molti imprenditori cercarono un ridimensionamento delle proprie attività.
La stessa Abarth, nel corso del ’71, fu più volte paralizzata da agitazioni sindacali, tanto che per proseguire la normale attività sportiva, la dirigenza era costretta ad inviare le vetture sui campi di gara con alcuni giorni di anticipo, e qui affidarle alle officine filiate Abarth. Inoltre, come se non bastasse, il fatturato derivante dalle vendite degli accessori e kit di trasformazione era in continua diminuzione.
In questo stesso periodo, la Fiat decise di non proseguire la sponsorizzazione della Casa dello Scorpione, poiché dopo una attenta analisi dei costi, considerava meno oneroso rilevare totalmente la Società Abarth & C. S.p.A, con un esborso totale di 750 milioni di lire, che continuare il rapporto di sponsorizzazione.
Naturalmente, come quasi sempre accade, la nuova gestione, decise di ridimensionare tutti i programmi, quindi, mentre nei locali di Corso Marche, venne trasferito tutto il Reparto Rally della Fiat, pur mantenendo la denominazione originaria, la attività della Casa dello Scorpione si rivolse all’allestimento della Autobianchi A112 Abarth, alla produzione delle marmitte ed altri accessori.
Il progetto Formula Italia, nasceva quindi in un periodo di completo rinnovamento aziendale, e prendeva esempio da alcuni campionati monomarca che già si svolgevano in altri Paesi europei. E, mirato a coinvolgere i giovani appassionati che volevano cimentarsi in gare riservate a vetture del tipo monoposto, prevedeva la nascita di una vettura addestrativa a caratteristiche strettamente prefissate che fosse prodotta da una unica Casa costruttrice.
Dopo una lunga gestazione dell’idea, le caratteristiche e le scelte tecniche della nuova vettura furono concordate e annunciate ufficialmente, il 2 luglio ’71, nel corso di una riunione indetta dalla CSAI a Livorno.
Durante la presentazione del Trofeo Formula Italia, la CSAI, in accordo con la ANFIA, l’ANCAI e la FISA, rese noto anche il regolamento che prevedeva le modalità di assegnazione delle vetture, il prezzo di acquisto della vettura stessa e di tutti i ricambi necessari per competere nel trofeo ecc.
Leggendo tra la lunga lista di postille, alcune sembrano particolarmente interessanti e, rivedute potrebbero essere tuttora estremamente attuali, tra queste ricordiamo che il trofeo era inizialmente aperto a piloti di età inferiore ai 26 anni, in possesso di licenza di 3a categoria.
Il prezzo della vettura era stato fissato a L.1milione820mila + IGE di cui L. 300mila all’assegnazione ed il saldo alla consegna. Gli assegnatari, scelti dalla CSAI, avrebbero potuto usufruire di 40 concessioni di L. 500mila, rimborsabili in 12 rate mensili con interessi a carico dell’ACI. Inoltre, per ogni gara tutti i piloti avrebbero ricevuto un contributo di partecipazione di L.20mila, raddoppiato per i piloti residenti in Sicilia, Calabria, Puglia, Sardegna e Lucania. Mentre, la tassa La tassa di iscrizione per ogni gara era di L.12mila, di cui L.10mila rimborsabili a condizione di aver preso parte alle prove ufficiali. Infine, per ogni gara tutti i piloti avrebbero ricevuto un contributo di partecipazione In ogni gara sono previsti premi per L.400mila, che sarebbero stati suddivisi tra i primi 6 classificati nella classifica generale di ogni gara: di cui L.150mila al 1° classificato, 100mila al 2°, 6mila al 3° etc. Inoltre, alla fine del campionato e, a giudizio della CSAI, i migliori classificati nel Trofeo Nazionale sarebbero stati promossi d’ufficio in prima categoria e pertanto, non potendo più gareggiare in Formula Italia, sarebbero stati agevolati per l’eventuale passaggio a Formule superiori.
Naturalmente, non dobbiamo farci influenzare dai valori in lire corrispondenti all’acquisto o ad i vari rimborsi ottenibili dai piloti, dato che sembrerebbero cifre quasi irrisorie. Per capire al meglio quello che era la realtà economica del tempo basti considerare che per l’acquisto di una Formula Italia, il giovane pilota doveva impegnare un capitale di poco inferiore a quello che il padre avrebbe impegnato per l’acquisto di una Alfa Romeo Alfetta che, al momento del suo debutto era proposta al pubblico a 2milioni 250milaLire. Quindi se ci riferiamo al potere di acquisto attuale, non ci allontaniamo dalla cifra necessaria ad acquistare una Alfa Romeo 156 1.6 16V, od una Audi A4 1.6.
Il programma Formula Italia prevedeva la presentazione alla stampa, del prototipo della vettura, nella seconda metà del mese di ottobre dello stesso anno, e la presentazione al pubblico nel corso del Salone dell’automobile di Torino, dove, sarebbe stato possibile prenotare la monoposto. Contemporaneamente, tre prototipi (due affidati a Henry Morrogh ed una alla stessa Abarth) avrebbero incominciato i collaudi per la deliberazione delle scelte tecniche finali. Quindi, una volta definito il in ogni particolare il progetto, avrebbe preso il via la produzione in serie delle vetture, con una cadenza prevista di 5 vetture la settimana per le prime 2 settimane, che sarebbe salita a 7/8 nelle settimane successive. Questo, avrebbe dovuto consentire le consegne delle prime 15 vetture nel mese di marzo del ’72, e permettere lo svolgimento della prima gara nel mese di maggio.
Dato interessante, e che l’intera operazione di sviluppo e produzione della Formula Italia, sarebbe stata sostenuta, sebbene non in modo ufficiale, dal Gruppo Fiat che, in un periodo in cui la Casa torinese usciva da una vertenza sindacale tanto lunga quanto onerosa, che certamente non prevedeva la disponibilità economica per le attività sportive, stanziò per l’ambizioso progetto, ben 300 milioni di lire.
Lo sviluppo e la costruzione dei primi prototipi, avvenne nella seconda metà del ’71, e la vettura compì i suoi primi giri di pista, condotta da Arturo Merzario, in quel periodo, pilota ufficiale Abarth.
Messa alla frusta dal pilota lombardo, la Formula Italia, iniziò a registrare dei tempi interessanti sul giro e, nel corso di alcune prove svoltesi sul circuito di Vallelunga, fermò i cronometri sul tempo di 1’24” 6. Poi, problemi costruttivi ed agitazioni sindacali, non consentirono la consegna delle prime vetture nei tempi previsti, così, le prime monoposto furono consegnate alla fine del mese di maggio del ’72. I primi fortunati piloti furono: Caneva, Tonussi, Bozzetto,Troyer e Spataro.
Circa un mese dopo la consegna delle prime vetture, il 29 giugno, prese il via il Trofeo Nazionale Formula Italia, sul circuito brianzolo di Monza. Nel corso della prima gara, vennero iscritte 22 vetture e il miglior tempo venne ottenuto dalla vettura di Bozzetto alla media di 146,250 km orari, media che era comparabile con i tempi fatti segnare dalle vetture di F3 iscritte al campionato Italiano dell’anno precedente. Si trattò, quindi, di un debutto positivo, dove le monoposto si dimostrarono estremamente competitive, ma evidenziarono nel contempo una serie di difetti tecnici e progettuali, che accompagnarono poi la piccola monoposto per l’arco di tutta la sua lunga storia addestrativa.
I difetti più evidenti, che causarono il ritiro di oltre il 70-80% dei piloti impegnati nelle varie batterie, furono purtroppo causati da rotture meccaniche; i giunti della trasmissione si dimostrarono inadatti allo sforzo rompendosi, una serie infinita di propulsori esalò l’anima nei lunghi rettilinei del circuito per problemi alle bronzine di banco causati da una scarsa lubrificazione. Problema dovuto alle piccole dimensioni della coppa dell’olio, che non consentivano un adeguato raffreddamento dell’olio lubrificante, e al difficile pescaggio del prezioso lubrificante, causato da problemi di centrifugazione dell’olio all’interno della coppa. Guai minori vennero denunciati ai gommini delle pompe dei freni, cui si aggiunsero la rottura di alcuni dei serbatoi di sicurezza, tanto che venne autorizzato lo svuotamento del liquido estinguente, Fluobrene, dalle celle del serbatoio. Tuttavia il difetto più marcato riguardava il telaio, che al di là delle considerazioni puramente teoriche, tra cui il basso costo di produzione e di acquisto, oltre alla scelta di avere un telaio di unica fattura per tutti i concorrenti, evidenziò delle deficienze imperdonabili. Il grado di resistenza alla torsione del telaio e l’efficienza delle sospensioni non si dimostrarono all’altezza, e nelle curve più strette, la torsione del telaio era tanto evidente da consentire alla ruota anteriore interna di sollevarsi ampiamente rispetto alla superficie della pista. Ma, per meglio capire cosa fosse tecnicamente strutturata una Formula Italia, partiamo proprio da una sommaria descrizione del telaio progettato dal tecnico Mario Colucci.
Realizzato in tubi di acciaio Aq 35, il telaio della SE 025, trovava la sua massima qualità nella economicità costruttiva del sistema, ma se messo alla frusta evidenziava tutti i suoi difetti; come abbiamo già accennato, torceva tremendamente, tanto da causare dapprima il sollevamento dal suolo della ruota anteriore interna alla curva, cui seguiva, in breve tempo, l’immancabile rottura. Tale difetto divenne tanto evidente in gara, da indurre la CSAI ad autorizzare il rinforzo del telaio mediante fazzoletti saldati e pannelli di rinforzo rivettati. Del resto, non è un mistero che all’inizio degli anni ’70 l’intero mondo motoristico italiano, a partire dalla stessa Ferrari, era solita privilegiare la ricerca della massima potenza dei propulsori, a scapito dello studio sulla funzionalità del telaio della vettura. Mentre i tecnici francesi od inglesi, ad esempio, non disponendo di una scuola motoristica pari a quella italiana, indirizzavano il loro sforzo nella ricerca telaistica e nell’assetto della vettura. Tuttavia, paradossalmente, il più grande difetto della Formula Italia, rappresentava anche il suo maggior pregio, difatti, la vettura era difficile da condurre al limite, ed i piloti che riuscirono a domarla, si dimostrarono tanto bravi da ottenere ottimi risultati in qualsiasi altra categoria si cimentassero; dalla F3, alla F2, alla guida dei prototipi, fino ad arrivare alla massima formula, la F1.
Cuore pulsante della Formula Italia era il robusto propulsore quadricilindrico FIAT 125BC.000 montato di serie sulla 124 Sport. Progettato dall’Ing. Aurelio Lampredi, era caratterizzato da misure di alesaggio e corsa perfettamente quadre (80 x 80 mm) che gli conferivano la cilindrata totale di 1608 cc. Questo propulsore, le cui modifiche concesse si limitavano all’alleggerimento per asportazione di materiale, e alla bilanciatura del manovellismo, dotato di scarico libero ed alimentato da due carburatori doppio corpo Weber 40 IDF 13, era in grado di erogare oltre 110-120 cv a 6200-7000 giri.
Il propulsore era abbinato ad un cambio a 5 rapporti più retromarcia di derivazione Lancia Fulvia HF, assistito da una frizione del tipo monodico a secco.
La vettura sfruttava un impianto frenante composto da quattro dischi da 227 mm di diametro; i dischi anteriori erano derivati dalla Fiat 125, mentre quelli posteriori derivavano dalla 850 coupè. I quattro dischi erano abbinati, ciascuno ad una pinza flottante a due pistoncini. Infine, terminavano il collage vari pezzi presi dalla produzione Fiat di serie, come i semiassi ed i mozzi di derivazione A111, il radiatore dell’acqua e la scatola dello sterzo della 128, le ruote in lega anteriori della A112, e quelle posteriori della Fiat Dino. La vettura così ottenuta, aveva dimensioni strutturali caratterizzate da un passo di 2250 mm, una carreggiata anteriore di 1300 mm e posteriore di 1325 mm, mentre la sua altezza massima era di 940 mm.
Tra le altre particolarità della vettura, ricordiamo che come tutte le monoposto da gara, doveva avere dei requisiti standard di sicurezza elevati, tra cui l’impiego di un serbatoio di carburante del tipo Autodelta, della capacità di 25 litri, un impianto di estinzione fisso, dotato di una bombola da 5 kg, che fosse in grado di funzionare anche nel caso di vettura capovolta, cinture di sicurezza del tipo a sei punti di ancoraggio ed infine la carrozzeria realizzata in PRFV autoestinguente. Gli ultimi dati tecnici della Casa assegnavano alla Formula Italia, un peso complessivo, in ordine di marcia, ma senza carburante, di 470 kg, e una velocità massima superiore ai 200 km orari.
Nel proseguo del Trofeo, che si svolse nei mesi estivi, e che comprese dieci gare sui circuiti di Monza, Misano Adriatico, Imola, Vallelunga e Varano Melegari, i piloti meno esperti si misero in luce, più per le loro scorrettezze sportive che per le loro capacità di guida. Questo costrinse la federazione a prendere tal volta delle decisioni forti ed impopolari, tuttavia giustificate dalla necessità di avere un campionato valido, ed a formare i piloti, non solo come atleti, ma come uomini di sport. Alla fine del campionato risultò vincitore il ventiquattrenne Giorgio Francia, che si aggiudicò 5 gare di campionato, precedendo Giancarlo Martini.
Nel corso dello stesso anno, dal telaio della Formula Italia, Mario Colucci derivò una monoposto che differenziava soprattutto per il motore. Questa nuova vettura, venne denominata ‘Fiat Abarth Formula Libre’. La vettura era spinta dal propulsore quadricilindrico di origine ‘124 Spider Rallye’ di 1756 cc che, opportunamente potenziato, disponeva di 170 cv di potenza, abbinato allo stesso gruppo cambio-trasmissione montato sulla SE 025. Seguendo le scelte aerodinamiche del periodo, la vettura era dotata di alettoni anteriori, di un vistoso alettone ad inclinazione variabile montato sul posteriore e di ruote in lega che consentivano l’impiego di pneumatici slick di generose dimensioni. La ‘Fiat Abarth Formula Libre’, che venne preparata in via sperimentale, non superò mai la fase di prototipo.
Nel ’73, il Trofeo Formula Italia venne conquistato da Giancarlo Martini davanti a Duilio Truffo e Pier Carlo Ghinzani. Nello stesso anno, il Trofeo si fregio dell’internazionalità, e venne disputata una gara sul circuito francese di Le Castelet. Nel susseguirsi delle stagioni si fregiarono del titolo Gianfranco Brancatelli nel ’74, Bruno Giacomelli nel’75, seguirono Campomimosi nel ’76, Siegfried Stohr nel ’77 e nel ’78-’79 Rodolfo Bellini.
Nel ’80, la Formula Italia venne sostituita dalla nuova ‘Formula Fiat Abarth’, una vettura di nuova concezione. Dotata di una monoscocca centrale ad assorbimento d’urto e di un sub-telaio in tubi di acciaio, sul quale venne ancorato, trasversalmente, il propulsore della Lancia Beta Montecarlo. Pur se valida, la formula non ottenne mai il successo della precedente Formula Italia
« Last Edit: September 03, 2005, 01:34:02 pm by webchef twpk »
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Re: FIAT Abarth Formula Italia by Roberto Motta - PART 1
« Reply #1 on: August 29, 2005, 11:44:21 pm »
somebody now the way to do direct translation ,here the photos form it and you now I have one like this for sale :full restored
« Last Edit: May 20, 2008, 02:15:11 pm by guy moerenhout »
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Re: FIAT Abarth Formula Italia by Roberto Motta - PART 1
« Reply #2 on: September 03, 2005, 02:56:40 pm »
I have one like this nice cars in  ch no 6
« Last Edit: December 28, 2016, 03:57:17 pm by guy moerenhout »
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Offline guy moerenhout

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Re: FIAT Abarth Formula Italia by Roberto Motta - PART 1
« Reply #3 on: September 27, 2005, 05:11:59 pm »
Also now in stock SE0250073
« Last Edit: December 28, 2016, 03:57:35 pm by guy moerenhout »
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