Author Topic: ABARTH SE 033: LA MONOPOSTO DELLA SVOLTA  (Read 22687 times)

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ABARTH SE 033: LA MONOPOSTO DELLA SVOLTA
« on: April 10, 2007, 07:28:14 am »
Formula FIAT Abarth 2000   BY ROBERTO MOTTA   Thanks   ,guy

ABARTH SE 033: LA MONOPOSTO DELLA SVOLTA

Testo di Roberto Motta

Foto di: Roberto Motta e Archivio Storico FIAT

L’ultima monoposto addestrativa di Casa Abarth, la SE 033, pur non risultando la vettura ideale per la formazione di nuovi piloti, assolse più che discretamente il suo compito addestrativo, e ancora oggi, a più di vent’anni dal suo debutto in società, è in grado di trasmettere forti emozioni

Nel 1980, l’Italia si era finalmente lasciata alle spalle l’austerity per entrare in un baleno nel nuovo boom economico. Come riportava una nota pubblicità, era il periodo della ‘Milano da bere’, degli yuppies, dei facili guadagni in borsa, dei paninari e del proliferare delle televisioni private. Anche il mondo dell’automobilismo sportivo viveva un momento favorevole: tutte le Case automobilistiche italiane stavano ottenendo risultati positivi come la FIAT che con la sua 131 Abarth aveva conquistato il Campionato Mondiale Rally, e la Lancia che aveva vinto il Mondiale Marche con la Beta Montecarlo. L’unica che non otteneva risultati era la Ferrari.
La Casa di Maranello aveva collezionato l’ultima vittoria del mondiale con Scheckter e la 312T4, prima di incominciare a sprofondare in quel lungo ‘digiuno’ sportivo che sarebbe durato quasi vent’anni.
In quell’anno, gli appassionati assistettero ad una vera e propria escalation dei piloti ‘made in Italy’: Giacomelli, Patrese, De Cesaris, Cheever e De Angelis partecipavano attivamente nel campionato riservato alle vetture di Formula 1; Alboreto vinceva il Campionato Europeo F3, Patrese il Campionato Italiano Velocità, Francia il Campionato Italiano Sport, e Faccetti, Finotto, Cheever, Alboreto, Ghinzani e De Angelis avevano contribuito alla vittoria del Mondiale Marche della Lancia.
Anche per il mondo delle corse ‘minori’, il 1980 aprì un decennio storico durante il quale alle gare per vetture derivate dalla produzione si aggiunsero molte altre opportunità di competere in pista, tra cui il Trofeo Nazionale Formula Panda, il Trofeo Cadetti Agip, la Coppa Italia R5 cui seguirà la Coppa R5 GT turbo, il Trofeo Alfasud ed il successivo Trofeo Alfasud Sprint, l’Europa V6 Cup Renault, la Coppa Peugeot Talbot e il MG Metro Challange. Contemporaneamente, per chi mirava a trasformare una passione in una professione, era giunto il momento di ripudiare la monoposto addestrativa per eccellenza, la Formula Italia, per assicurarsi la più moderna Formula FIAT Abarth. La nuova vettura, progettata dal tecnico Mario Colucci (già padre della precedente Formula Italia) secondo i canoni tecnici del momento, nasceva da un accordo di collaborazione tra la FIAT ed altri produttori di componentistica, tra i quali ricordiamo Veglia Borletti, Speedline, Brembo, Pirelli, Britax, Olio FIAT, Magneti Marelli e Teksid. La nuova monoposto addestrativa era stata commercializzata al prezzo politico di circa 12.500.000 lire, all’incirca la stessa cifra con cui si poteva acquistare una FIAT Argenta 2000 o una più sportiva Ritmo Abarth 125 TC. Tale somma, seppur elevata, offriva potenzialmente ad un discreto numero di giovani la possibilità di emulare le imprese sportive di Lauda o del ferrarista Sceckter. Ad alimentare questo sogno contribuirono anche alcuni concorsi che prevedevano proprio l’assegnazione di una Formula FIAT Abarth: il più noto fu organizzato dal settimanale ‘Autosprint’ che affidò la vettura con il numero 1 a Roberto Ravaglia. Dopo la cerimonia di consegna delle vetture, e mille batticuori, venne il grande giorno: era il 20 aprile 1980 quando, con la gara del Mugello, incominciò la battaglia per la conquista del Trofeo che, con i suoi 15 appuntamenti, concentrati in poco più di sette mesi, avrebbe fatto approdare l’allegra carovana in tutti i circuiti della Penisola.
Come era prevedibile, la prima competizione incominciava con alcune incertezze. Superati i primi istanti di timore e diffidenza, ebbe inizio il vero scontro da cui sarebbe uscito vincitore (ben oltre la fine del campionato) Emanuele Pirro, classe 1962. Il trofeo venne assegnato al pilota romano per una decisione della CSAI che lo preferì a Giulio Regosa, classe 1948. Al di là dei risvolti regolamentari che influenzarono la CSAI va ricordato che il giovane pilota romano si era distinto nel corso di tutto il campionato conquistando il podio anche in gare concluse in volata.
Fin dalla prima gara di quel campionato, fu subito evidente che per essere competitivi non era sufficiente avere il piede pesante, ma era necessario avere l’assistenza di un team organizzato e capace di risolvere rapidamente qualsiasi tipo di problema. Questa situazione fu probabilmente una delle cause che limitò lo sviluppo della categoria, categoria che non riuscì mai a registrare il parco piloti ottenuto dalla precedente Formula Italia.
La stagione successiva si concluse tra mille polemiche con la vittoria del giovane Alessandro Nannini che riuscì ad avere la meglio su Giulio Regosa. Durante il campionato, Regosa era stato penalizzato da alcune decisioni dei commissari tecnici e sportivi mentre Nannini aveva dominato facilmente la seconda parte del campionato alla guida di una vettura decisamente superiore e della cui regolarità spesso si era, a torto, dubitato (il giovane pilota senese aveva dimostrato di essere degno del titolo sia per la condotta in gara sia per la completa conformità al regolamento della sua monoposto).

La stagione del 1982 fu quella della riscossa generazionale. Dopo le prime due edizioni durante le quali i giovani piloti ebbero la meglio ‘sui vecchi leoni’, il trofeo venne assegnato ad uno dei pilota più ‘attempati’, il trentaseienne Gabriele Gorini che conquistò il campionato con ben sei vittorie e due secondi posti.
La stagione successiva fu una delle più combattute: vide Nino Famà conquistare la vittoria all’ultima gara davanti a Michele Minutolo, grazie alla somma dei piazzamenti, delle sette vittorie e dei tre secondi posti ottenuti durante il campionato, risultati ai quali fu necessario sommare per spareggio, i due terzi posti ottenuti a Monza ed Imola. Oltre al duello combattuto in pista da Famà e Minutolo, questa stagione registrò la solita sfida tra i preparatori, sfida combattuta purtroppo e sempre più spesso a suon di furberie e carta bollata.
La stagione dell’ ‘84 vide la conquista del Trofeo da parte di Minutolo, prevalso su Tedeschi dopo un lungo duello.
La stagione si rivelò positiva, anche se dobbiamo sottolineare ancora una volta che la vittoria venne conquistata da un pilota esperto. Al termine di questa stagione, la FIAT annunciò ufficialmente il suo ritiro dal campionato, assicurando comunque parte del montepremi anche nelle successive stagioni.
Il 1985 laureò campione il giovane napoletano Maurizio Arfè (classe 1961) con quattro vittorie, tre secondi posti e tre terzi posti. Nonostante questo bottino, Arfè ottenne una vittoria di misura, precedendo di soli due punti Mauro Martini. Punto chiave della stagione fu la squalifica e la successiva riammissione in gara del pilota napoletano. Al via della seconda manche della gara di Imola, undici vetture furono coinvolte in un incidente multiplo alla curva Villeneuve; tra le vetture inservibili c’era anche quella di Arfè, che tuttavia si schierò per la seconda partenza con una vettura rivelatasi poi diversa da quella precedentemente impiegata.
Questa ‘furbata’ convinse i commissari CSAI a ritirare la licenza al pilota ed ad accusarlo di frode sportiva. Successivamente, in occasione dell’ultima gara di Magione, Arfè fu riammesso e ottenne il 2° posto ed il titolo nazionale.

Tra alti e bassi, arrivò la stagione 1986 che vide la Formula FIAT Abarth vivere i suoi ultimi giorni di gloria. Al termine delle dieci gare sulle dodici in programma, il trofeo fu assegnato a Luca Drudi per merito delle cinque vittorie, dei due secondi posti e di un terzo posto precedentemente ottenuti.
Complessivamente si trattò di una stagione vissuta in profonda crisi, tanto che a Magione, primo appuntamento del campionato, si schierarono soltanto 17 vetture. Fortunatamente, nel gare successive, il numero degli iscritti raggiunse cifre più elevate, con il record di stagione ottenuto in occasione della gara di Misano dove erano presenti 30 vetture. Con questa stagione terminò il ciclo della Formula FIAT Abarth, dopodiché la vettura torinese passò il testimone alla Formula Alfa-Boxer.
Nel corso di quelle sette lunghissime stagioni, la Formula FIAT Abarth, o se preferite la SE 033, affinò le capacità di guida di diversi piloti e, pur non risultando la vettura ideale per la formazione di nuovi piloti, assolse più che discretamente il suo compito di formazione. Tra i piloti illustri cresciuti proprio grazie alla guida di questa formula ricordiamo: Emanuele Pirro, Alessandro Nannini, Nicola Larini ed Alex Caffi.

Rileggendo attentamente la sua storia, è possibile affermare che pur dando vita a campionati interessanti, la Formula FIAT Abarth, non ebbe il successo della precedente Formula Italia. I motivi furono molteplici: tra i tanti, lo stile di guida della SE 033 che non lasciava spazio all’improvvisazione ma esigeva lo stile di guida pulita e precisa di chi aveva già acquisito una notevole esperienza di guida. Inoltre, tutti i campionati furono accompagnati da polemiche sulla regolarità delle vetture affidate ad alcuni dei team vincenti, ed il costo per poter partecipare in modo competitivo all’intero campionato, fu sempre abbastanza elevato. Infine, a partire dalla stagione ’82, si impose una nuova moda che dettava ai giovani piloti provenienti dal Kart di debuttare direttamente alla guida di vetture di F3. Ne conseguì che, la Formula FIAT Abarth non venne più considerata una tappa obbligata nella carriera sportiva del pilota alle prime armi. Anche dopo il suo pensionamento ufficiale, la SE 033 ha continuato a regalare sogni ed emozioni, a centinaia di giovani appassionati, consentendo loro di avvicinarsi al mondo delle monoposto attraverso le gare Club, o anche solo per semplice curiosità, affrontando i corsi di guida delle varie scuole di pilotaggio. Tali scuole sono numerose in Italia. Ne abbiamo scelta una, la ‘Scuola Piloti Milano’, a cui rivolgerci per ottenere informazioni sulla guida della piccola monoposto.
Dopo un giro di telefonate e l’autorizzazione del direttore, ci incontriamo con Luca e la sua Formula FIAT Abarth. E’ una tiepida mattina autunnale. La vettura si presenta con il classico colore rosso corsa, e ancora oggi, a più di vent’anni dal suo debutto in società, risulta bella ed è in grado di trasmettere forti emozioni anche solo quando ci si lascia scivolare dentro l’abitacolo.
Osservandola attentamente, la SE 030 ci appare come una vettura compatta, caratterizzata da linee squadrate che le conferiscono una forma larga ed appiattita. La sua carrozzeria, realizzata in fibra di vetro, è costituita da 4 elementi. Il musetto è dotato di una larga bocca rettangolare, e nelle sue forme contiene il radiatore dell’acqua. Le due larghe fiancate, sfruttano nel loro interno una canalizzazione aperta in grado di incrementare il carico aerodinamico. Infine, l'ultimo pezzo, costituisce la carenatura dell’intero abitacolo e si fonde con il cofano motore. Sulla parte destra del cofano motore, trova posto una presa d’aria che convoglia l’aria fresca necessaria ad alimentare il propulsore ed a raffreddare l’intero vano motore, consentendo successivamente la fuoriuscita dell’aria calda dalla parte posteriore della carrozzeria; sul lato sinistro della carrozzeria, oltre la centina di sicurezza, trova posto una piccola presa NACA che incanala l’aria fresca verso il radiatore lubrificante del propulsore.
Il motore, con dimensioni spiccatamente superquadre, ha una cilindrata di 1995,037 cc (cilindrata unitaria 498,759 cc), alesaggio di 84,0 mm e corsa di 90,0 mm. Questo quadricilindrico, con un rapporto di compressione di 8,9:1, é in grado di sviluppare 135-140 CV ad un regime di rotazione di 6000 giri. Ha testa e basamento in lega leggera e le canne riportate in ghisa speciale; le valvole d'aspirazione sono poste sopra il piano verticale della testa e aprono i condotti all'alimentazione, fornita a sua volta da una batteria di carburatori composta da due Weber 44 DCNF dotati di corti tromboncini e privi di reticella di protezione.
Le valvole di scarico inclinate sul piano opposto all'aspirazione, danno libera uscita ai gas di combustione verso un sistema di scarico costituito dal collettore di serie che confluisce in un corto tubo dotato di terminale a megafono. La distribuzione è del tipo bialbero; i due alberi a camme, ruotanti su supporti situati sulla testata, sono trascinati da una cinghia dentata e azionano le valvole mediante punterie a bicchiere e piattelli di registrazione.

Al propulsore è abbinato ad un cambio a 5 rapporti più retromarcia di derivazione Beta Montecarlo, assistito da una frizione del tipo monodisco a secco. L’insieme del propulsore e del cambio, è montato posteriormente in posizione trasversale ed ancorato all’interno di un telaietto realizzato in tubi in acciao.
L’abitacolo trova posto nella parte centrale della vettura costituita da un telaio del tipo monoscocca di acciaio, di forma semplice e robusta. Le caratteristiche strutturali della monoscocca consentono all’insieme, in caso di incidente, l’assorbimento progressivo dell’energia d’urto. In questo modo la struttura funge da ‘cellula di soppravvivenza’ e protegge al meglio il pilota.
Infine, un secondo sub-telaio realizzato in tubi di acciaio completa la parte anteriore della vettura, consentendo il montaggio delle sospensioni e del telaietto che sorregge il pacco radiante.
Le sospensioni, al pari dell’impianto frenante, sono state appositamente progettate per la monoposto addestrativa: sia anteriormente, che posteriormente, sono del tipo a ruote indipendenti con triangoli inferiori e bracci trasversali superiori, e su entrambi gli assi il sistema di ammortizzatori, posti in posizione verticale, é costituito da molle elicoidali e ammortizzatori telescopici coassiali. Infine, sia anteriormente che posteriormente la vettura monta una barra di torsione antirollio.
L’impianto frenante è composto da quattro dischi abbinati, ciascuno ad una pinza flottante a due pistoncini. Infine, completano il collage vari pezzi di produzione FIAT di serie come il radiatore dell’acqua della Ritmo e la scatola dello sterzo della 131.
La vettura utilizza cerchi in lega che consentono il montaggio di pneumatici Pirelli anteriori con misure di 175/50/13" e posteriori di 265/40/13". La vettura qui descritta ha dimensioni strutturali caratterizzate da un passo di 2300 mm, carreggiata anteriore di 1426 mm e posteriore di 1471 mm, per una lunghezza di 3450 mm, una larghezza di 1380 mm ed un’altezza massima di 660 mm. Come è logico aspettarsi da una vettura da competizione, la monoposto è in grado di garantire requisiti standard di sicurezza elevati, tra cui un impianto di estinzione fisso in grado di funzionare anche nel caso di vettura capovolta, cinture di sicurezza a sei punti di ancoraggio, e carrozzeria realizzata in fibra di vetro autoestinguente. Gli ultimi dati tecnici della Casa assegnano alla Formula FIAT Abarth, un peso complessivo, in ordine di marcia, ma senza carburante, di 530 kg, e una velocità massima prossima ai 230 km/orari.

Scheda tecnica:

Denominazione vettura:   Formula FIAT Abarth 2000
Anni di attività:                        1979-1987
Motore:                                             4 cilindri in linea collocato posteriormente, basamento e teste
                                             in lega leggera, canne cilindro in alluminio riportate, raffreddato
                                             ad acqua
Alesaggio e corsa:                        84,0 x 90,0 mm
Cilindrata unitaria e totale:   498,759 / 1995,037 cc
Rapporto di compressione:   8,9 : 1
Potenza massima:                        CV  135 - 140 a 6000 giri/minuto
Distribuzione:                        2 valvole per cilindro,  2 alberi a camme in testa con comando a
                                              cinghia dentata
Alimentazione:                       2 carburatori Weber 44 DCNF
Accensione:                       elettronica
Lubrificazione:                        forzata, carter umido
Trasmissione:                        posteriore, frizione monodico a secco, cambio a 5 velocità +
                                              RM, montato in posizione trasversale
Telaio:                                             tipo 033, monoscocca centrale e subtelaio a traliccio tubolare
                                             in acciaio Aq 35
Sospensione anteriore:   bilanciere superiore, triangolo inferiore, gruppi
                                               molla/ammortizzatore entro bordo, barra stabilizzatrice
Sospensione posteriore:   braccio superiore, triangolo inferiore,  gruppi
                                              molla/ammortizzatore entro bordo, barra stabilizzatrice
Freni:                                             a dischi sulle ruote, pinze  a 2 pistoncini
Sterzo:                                             a cremagliera
Lunghezza :                        3450 mm
Larghezza :                                             1380 mm
Altezza:                                              660 mm
Passo e carreggiate ant. e post.:   2300 / 1426 / 1471 mm
Peso a secco:                        530 kg
Pneumatici ant.:                        175/50/13", Pirelli
Pneumatici post.:                         265/40/13", Pirelli
Ruote:                                              in lega leggera
Serbatoio:                                             capacità carburante 32 litri
Carrozzeria:                         in vetroresina
Velocità massima:                         circa 230 km/h



« Last Edit: April 10, 2007, 12:15:57 pm by guy moerenhout »
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Offline Turchetto

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Re: ABARTH SE 033: LA MONOPOSTO DELLA SVOLTA
« Reply #1 on: March 04, 2013, 12:28:45 pm »
le macchine smontate sotto la tenda del camion erano del team di mio papa... team TURCHETTO RACING, uno dei migliori team di quel tempo!!!!

 

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